Oltre l’opera buffa: Donizetti e il Don Pasquale

19 giugno 2012

Alla vigilia dell’appuntamento di “Prima delle prime” dedicato a Don Pasquale, di Gaetano Donizetti, abbiamo chiesto a Claudio Toscanirelatore dell’incontro di domani, di spiegarci in che modo quest’opera del 1843 del compositore bergamasco si distacca dai tradizionali stilemi dell’opera buffa.

La conferenza “La convivenza di comico e patetico” si terrà domani mercoledì 20 giugno 2012 alle ore 18, presso il ridotto dei palchi “Arturo Toscanini” del Teatro alla Scala.

Si può dire che in uno schema narrativo assai antico Donizetti intervenga con una specie di “modernizzazione” dei personaggi e dei loro rapporti?
È verissimo. L’intreccio, un classico del teatro comico di tutti i tempi, ruota intorno alla figura del vecchio avaro che vorrebbe impalmare una giovane graziosa e scaltra, la quale naturalmente finisce per beffarlo. Ma Donizetti non utilizza questo vecchio modello per ripercorrere gli stereotipi dell’opera buffa: mette invece in scena personaggi molto più reali, li cala nella società contemporanea, li caratterizza con cura e precisione, li umanizza, rendendoli credibili e coerenti.

Il Don Pasquale è una tra le ultime opere di Donizetti. In che modo rappresenta una trasformazione dell’opera buffa verso una visione più tipicamente romantica?
Donizetti, lo ribadiamo, non sceglie una storia già raccontata infinite volte per offrire al suo pubblico la solita opera buffa. Nel teatro comico tradizionale i personaggi vengono trattati con distacco, i loro vizi e le loro manie vengono enfatizzati sino a renderli marionette: perché nasca l’effetto comico è essenziale che tra la scena e lo spettatore si stabilisca una ben percepibile distanza emotiva. Nel Don Pasquale, invece, lo spettatore è invitato a partecipare emotivamente alla sorte dei personaggi che vede agire sulla scena, rispecchiandosi in essi e attuando quel meccanismo di identificazione che è un presupposto essenziale del melodramma romantico. È questo, in fondo, il segreto della modernità di quest’opera.

Claudio Toscani è docente di Storia del melodramma e Filologia musicale all’Università degli studi di Milano.

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