Intervista a Gastón Fournier-Facio

3 giugno 2014

Gastón Fournier-Facio

Gastón Fournier-Facio - Foto Amici della Scala

Pubblichiamo un’intervista di Anna Crespi al coordinatore artistico Gastón Fournier-Facio. Un nome della direzione artistica che ha contribuito, durante la gestione Lissner, a far ritornare il nostro Teatro un grande Teatro.

Parlami di te. Quali sono le tue origini?
Sono nato in Costa Rica; lì ho studiato Storia della Cultura e ho insegnato all’università. Poi ho fatto il diplomatico per quattro anni. Sono stato Ministro Consigliere e Console Generale per il mio Paese a Londra. Ho lasciato l’Ambasciata e mi sono dedicato totalmente alla musica, studiando musicologia per quattro anni alla University of Sussex, in Inghilterra.

I tuoi genitori condividevano con te la tua passione?
Mio padre era avvocato, politico e diplomatico; è stato membro dell’Assemblea Costituente della nuova costituzione del Costa Rica; neppure mia mamma ha seguito insegnamenti musicali. È una passione nata da sola.

I tuoi studi sono stati influenzati dalla tua famiglia?
Mio padre era anche professore di Storia del Diritto all’Università del Costa Rica. Era appassionato di storia, ma non ha mai studiato musica.

Hai avuto dei maestri che ti hanno ispirato?
Il mio mentore è stato il compositore Hans Werner Henze. Mi ha chiamato a lavorare con lui al Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, da lui fondato, dove ha lanciato tantissimi giovani artisti.

Per esempio?
Il primo direttore musicale del Cantiere è stato un giovanissimo Riccardo Chailly; lì, Giuseppe Sinopoli ha diretto per la prima volta Mahler; a Montepulciano, William Forsythe ha fatto per la prima volta una sua coreografia in Italia; la prima volta che una partitura di Mark-Anthony Turnage è stata eseguita dal vivo è stato lì, dove lui, come tutti gli altri artisti ospiti, ha lavorato gratuitamente, ricevendo solo un rimborso spese. Oggi il Covent Garden paga migliaia di sterline per commissionargli un’opera! Grazie a Henze, che era un grandissimo talent-scout, Montepulciano si è rivelato una fonte di grandissimi talenti.

Com’era il pubblico?
Henze aveva un progetto, ispirato ad Antonio Gramsci, di socializzazione della musica: voleva rendere disponibile alla popolazione locale l’alta cultura. Da una parte invitava giovani artisti internazionali dando loro la possibilità di sperimentare, mentre dall’altra parte lavorava perché la musica classica fosse capita da tutti. Il Cantiere d’Arte ha funzionato, e funziona tuttora, grazie all’impulso iniziale dato da Henze.

Qual era il tuo compito?
Prima sono stato animatore musicale, un ruolo anche didattico: avvicinare i bambini alla musica. Poi sono diventato il coordinatore della direzione artistica.

Mi puoi raccontare un tuo progetto?
Henze ha scritto Pollicino per un ensemble di bambini e giovani esecutori, per avvicinare i giovani alla musica. Io ho formato questo ensemble coinvolgendo i ragazzi di Montepulciano. Ad oggi quest’opera è stata eseguita in oltre trecento scuole in cinque continenti; è stata anche alla Scala, all’Accademia di Santa Cecilia, ma la prima è stata a Montepulciano.

Dopo il Cantiere d’Arte di Montepulciano di cosa ti sei occupato?
Nel 1982 Luciano Alberti mi ha invitato a diventare l’assistente di Zubin Metha al Maggio Musicale Fiorentino. Furono quattordici anni durante i quali imparai tantissimo dal grande Maestro, al fianco di importanti direttori artistici e sovrintendenti come Massimo Bogianckino, Bruno Bartoletti, Cesare Mazzonis, Giorgio Vidusso; nonché di due altri grandi direttori d’orchestra che sono stati Direttori Ospiti Principali del Teatro: Semyon Bychkov e Myung-Whun Chung. Questi grandi musicisti mi hanno insegnato molto.

E dopo il Maggio Musicale?
Per undici anni ho lavorato come coordinatore artistico per Luciano Berio, quando è diventato Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia di Santa Cecilia. Con lui, fra le altre cose, ho lavorato per l’apertura dell’Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano. In quegli anni ho convinto Antonio Pappano ad accettare la carica di Direttore Musicale dell’Accademia di Santa Cecilia. Poi sette anni fa Lissner mi ha chiamato a lavorare per lui, come Coordinatore Artistico alla Scala.

Hai sempre lavorato con grandi personaggi…
Lavorare alla Scala con un personaggio come Lissner è stato un momento di grande sfida e crescita: è esigentissimo, ha standards assolutamente internazionali. A Roma sono stato invitato dal M° Myung-Whun Chung, che nel frattempo era diventato il Direttore Musicale dell’Accademia di Santa Cecilia. Dopo la sua partenza è arrivato, come ho già detto, Antonio Pappano che svolge ancora quel ruolo e dove sta facendo crescere tantissimo l’orchestra.

La passione che porti nel tuo lavoro deriva dalla tua cultura, dalle tue origini?
È molto bella questa domanda. Ho studiato musicologia e pianoforte. Mi sono appassionato alla storia della musica quando ancora ero nel mio Paese, in America Latina. Mio padre è stato anche ambasciatore, a Washington. E anch’io per un periodo ho svolto il ruolo di diplomatico. Vengo dal Tropico; per questo, forse, ho una personalità estroversa e piena d’entusiasmo. A me piace raggiungere gli obiettivi senza lotte e scontri frontali, con armonia. Sono però molto determinato. Mi vedo sempre come un’energia di ferro circondata da cotone…

Hai anche grandi capacità organizzative…
Con Henze ho imparato tanto. Al Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano ho ricoperto ruoli diversi: con lui programmavo e organizzavo tutta la stagione, presentavo i concerti al pubblico locale, dovevo anche fare il controllo del bilancio. E poi ho lavorato per grandi istituzioni lirico-sinfoniche italiane, che mi hanno formato professionalmente a livello internazionale.

Come si svolge il tuo lavoro alla Scala?
Con Lissner lavoriamo in équipe e periodicamente facciamo incontri e ci confrontiamo. In quanto Sovrintendente e Direttore artistico lui ha l’ultima parola, ma ascolta le opinioni di tutti.

Chi fa parte di questa équipe?
Ci sono io, che, in quanto Coordinatore Artistico, ho la responsabilità della programmazione e della sua realizzazione; c’è poi il Casting Manager, Ilias Tzempetonidis; e infine è anche presente il Direttore della Produzione, Andrea Valioni.

Ogni quanto vi riunite?
Almeno una volta ogni quindici giorni.

Cosa decidete?
Progettiamo tutto il futuro della Scala dal punto di vista artistico. È un work in progress, lavoriamo per la programmazione dei prossimi quattro anni. Progettiamo il futuro, ma teniamo sempre sotto controllo quello che c’è in cantiere nella stagione in corso. Io mi occupo degli artisti ospiti, tranne dei cantanti, compito specifico del Casting Manager. Con Lissner scegliamo i titoli delle opere, i direttori d’orchestra, i registi, i coreografi. Una volta definito questo, bisogna trovare e contrattare gli artisti.

Come avvengono i contatti con gli artisti?
Contattiamo direttamente loro o il loro agente. Viene definito il cachet rispettando il budget deciso dal Consiglio di Amministrazione. Assieme ad Andrea Valioni coordiniamo la disponibilità dell’artista con i possibili piani prove nel Teatro.

E per quanto riguarda la parte sinfonica?
Abbiamo una stagione sinfonica con la Filarmonica; poi c’è la stagione da camera fatta con elementi della nostra orchestra. Facciamo una stagione per le famiglie, per i giovani; inoltre ci sono i concerti di beneficenza e per gli sponsor che spesso coinvolgono grandi orchestre internazionali.

Quali altre attività segui?
La collaborazione con gli Amici della Scala per “Prima delle prime” e la scelta dei conferenzieri, assieme a Franco Pulcini. Con Pulcini ogni tanto collaboro per i programmi di sala. Lavoro anche con Carlo Maria Cella, il responsabile dell’Ufficio Stampa. Franco e Carlo hanno continuamente bisogno di entrare in contatto con gli artisti ospiti e quindi diventa utile la mia collaborazione.

Con chi altro collabori?
Settimanalmente lavoro con Makhar Vaziev. Direttore del Corpo di Ballo della Scala, per la programmazione della stagione: decidiamo e ingaggiamo i coreografi, i direttori d’orchestra che dirigeranno i diversi balletti, sempre controllando il budget a disposizione.
Collaboro con Andrea Amarante, che in quanto Responsabile dei Servizi Musicali ha la funzione di orchestra manager. Quasi quotidianamente, poi, ho contatti con Cesare Freddi, il Direttore dell’Archivio Musicale.
Tutti loro sono essenziali per il lavoro del Coordinatore Artistico.

Hai uno staff numeroso?
Ho un’ équipe di persone molto brave, motivate e con più esperienza scaligera di me: Manuela Cattaneo si occupa dell’ufficio contratti; Elisabetta Aceti è la mia collaboratrice diretta per tutta la concertistica. Lavoro con il casting manager Ilias Tzempetonidis, Paola Moumtzis e Roberta Fontana. Laura Colombo, che ha lavorato alla Scala per tanti anni, è stata la mia segretaria dal mio arrivo in Teatro; e oggi la mia assistente è invece Veronica Gigli.

Tu coordini tutti?
Ogni membro della mia équipe ha il suo compito e io li coordino. Ho rapporti anche con Franco Malgrande, il direttore degli allestimenti, con Andrea Valioni, il direttore di produzione. Ci confrontiamo costantemente perché hanno rispettivamente la responsabilità tecnica e l’elaborazione di tutti i calendari di prove e rappresentazioni del Teatro.

Segui anche le co-produzioni?
Assistito da Elisabetta Aceti, mi occupo anche delle co-produzioni con gli altri teatri. Sono attività laboriose e complicate, visto che ogni teatro all’estero ha il suo sistema contrattuale specifico; spesso si fanno co-produzioni addirittura con sei teatri diversi, come nel caso dell’Elektra. I teatri con i quali abbiamo realizzato più co-produzioni sono la Royal Opera House Covent Garden di Londra, l’Opera di Parigi, Staatsoper Unter den Linden di Berlino, il Metropolitan di New York, Wiener Staatsoper e il Festival d’Aix-en-Provence; ma abbiamo fatto collaborazioni anche con tanti altri teatri del mondo..

Trovi anche il tempo scrivere?
Il lavoro alla Scala è talmente impegnativo che esco spesso dal Teatro a mezzanotte. Ho una grande vocazione intellettuale: mangio qualcosa e subito mi dedico alle mie letture e a scrivere i miei libri. Fortunatamente ho bisogno di poco sonno, mi basta dormire cinque ore. Durante i miei sette anni alla Scala, lavorando di notte, sono riuscito a scrivere un libro sul Tristan und Isolde, uno sul Ring, uno su Mahler e uno su Henze.

Che spirito si respira alla Scala?
Alla Scala ho incontrato un ideale d’eccellenza e una mistica del lavoro che raramente si trovano altrove e c’è un orgoglio di squadra per l’istituzione. Sono tutti molto coscienti di essere nel miglior teatro d’opera di Italia e forse del mondo. C’è la motivazione per fare sempre meglio.

Come sarà secondo te il futuro della Scala?
La Scala deve guardare avanti, sempre.

 

“Riproducibile solo citando la fonte: Associazione Amici della Scala di Milano”

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