Intervista a Cecilia Balestra

7 ottobre 2014

In occasione dell’inaugurazione del 23° Festival Milano Musica, gli Amici della Scala pubblicano l’intervista realizzata da Anna Crespi a Cecilia Balestra, Direttore del Festival e per anni stretta collaboratrice di Luciana Pestalozza, fondatrice del Festival e coraggiosa combattente sul fronte della musica contemporanea. Lo stesso coraggio che, unito a entusiasmo e determinazione, siamo lieti di aver ritrovato nella conversazione che riportiamo.

Cecilia Balestra

Sei giovanissima. Come hai iniziato a occuparti di musica?

Ho voluto fin dall’inizio occuparmi di musica, lavorare in questo settore, ma in effetti non credo di essere così giovane… essendo nata nel 1970. Mi sono laureata in Estetica musicale. Dopo la laurea in filosofia ho frequentato la Scuola Paolo Grassi, seguendo il corso di organizzazione e ho iniziato a collaborare con la Società del Quartetto. Questa prima esperienza professionale è stata determinante per i passi successivi, a Tempo Reale e a RAI Trade.

Chi ti ha trasmesso la passione per la musica?

Ho iniziato fin da piccola ad appassionarmi grazie alla danza classica. E non dimenticherò mai il mio primo Otello, al Regio di Parma, con mio nonno.

Quando hai conosciuto Luciana Pestalozza?

Ho conosciuto Luciana intorno al 2005, e alla fine del 2007 ho iniziato a lavorare con lei per Milano Musica.

Luciana aveva collaboratori?

Ha sempre avuto collaboratori; ma in pari tempo aveva una grandissima passione per il lavoro e una grande cura di ogni particolare e aspetto della progettazione e dell’organizzazione del Festival.

 Luciana ti ha scelto e allevato, o avete da subito lavorato fianco a fianco?

Era un rapporto sincero, in cui era centrale la passione per ciò che facevamo, e che poi è diventata amicizia. Avevo già avuto esperienze professionali, ma da lei ho imparato tantissime cose. C’era un bellissimo dialogo, anche quando avevamo idee diverse.

Hai avuto modo di conoscere e lavorare con gli artisti?

Dagli artisti si impara sempre. Anche le cose più quotidiane cambiano luce lavorando con un artista e questo suscita tutta la mia gratitudine.

I compositori sono un po’ come i bambini: hanno intuizioni forti, sono molto creativi.

Ciascuno ha una propria individualità molto forte; sicuramente hanno antenne uniche sul mondo, una sensibilità acuta, a volte anche molto critica.

Viaggi molto?

Cerco di viaggiare il più possibile, anche in relazione alla partecipazione di Milano Musica al Réseau Varèse, rete europea per la creazione e la diffusione musicali. Inoltre, mi occupo di Music Fund, associazione che promuove lo sviluppo di competenze musicali nel Terzo Mondo. Sono stata in Mozambico, Marocco, per progetti volti a formare giovani professionisti nel settore della liuteria. In questi giorni, a Cremona, un ragazzo mozambicano e uno sudafricano stanno seguendo un corso di formazione di tre mesi sulla riparazione degli strumenti ad arco.

In cosa consiste la tua collaborazione per Music Fund?

Dal 2010, Milano Musica è partner per l’Italia di questa organizzazione internazionale. Portiamo avanti questa seconda anima, voluta e condivisa da Luciana Pestalozza, in cui la musica è primariamente strumento di sviluppo sociale. È un progetto di cui sono entusiasta di far parte. Abbiamo chiamato “Costruire con la musica”, la raccolta di strumenti organizzata nel 2011 per Music Fund e per il Sistema delle Orchestre infantili e giovanili in Italia. Dopo un anno di architettura, desideravo solo costruire ponti! La visione del costruire è una prospettiva quotidiana e lungimirante.

Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?

Nell’immediato, abbiamo davanti a noi un Festival, che sono certa ci darà molta energia e visioni di libertà, grazie alla musica di Fausto Romitelli.

Stiamo vivendo tempi di profondi cambiamenti a livello globale, di trasformazione dunque, ancor più che di crisi. Oggi la condivisione di idee diverse, la scelta di agire prioritariamente con finalità collettive, ben più che individualistiche, dà forza. Siamo un gruppo che lavora insieme, e collaboriamo anche con diversi soggetti istituzionali ed enti musicali. La collaborazione può dare grandi risultati. I progetti vanno condivisi. La forza è nei contenuti, nelle idee. I giovani hanno difficoltà nel guardare al futuro e il nostro compito è creare squarci di cielo, anche piccoli, per dare loro fiducia e opportunità concrete. Lavorare per Milano Musica, e con grande cura, è senz’altro un privilegio.

Era un pensiero anche di Luciana?

Certo, con Luciana, lo ricordavamo sempre, e soprattutto nei momenti difficili, per darci coraggio.

È nata l’Associazione degli Amici di Milano Musica. Quali sono i suoi obiettivi?

Abbiamo fondato l’Associazione in omaggio a Luciana Pestalozza, insieme a coloro che condividono la passione e l’impegno per la musica di oggi. Le attività sono volte alla diffusione della musica contemporanea, con apertura ad altri ambiti artistici, e in particolare al sostegno alla creazione, attraverso commissioni di nuove opere.

Ci saranno cambiamenti nella musica contemporanea?

Credo che ci siano nuove energie e prospettive, che vanno ascoltate e a cui va data fiducia. Credo che ci sia la possibilità concreta di coinvolgere un pubblico più ampio e di abbattere molti pregiudizi. E questo Festival si muove in questa direzione.

Qual è la nazione più progredita?

Dal punto di vista musicale Francia e Germania offrono senz’altro maggiori possibilità…

In Italia qual è il problema?

All’estero c’è una consapevolezza più forte di cosa significhi sostenere la creazione artistica, anche a livello istituzionale. Molto spesso sembra che la cultura e l’arte non rappresentino un segno di distinzione, ma piuttosto qualcosa di secondario, accessorio, oppure molto vicino all’intrattenimento. A Maputo, la cultura sembra ancora un valore fondante per la collettività.

Milano è una città musicale?

Mi piacerebbe che lavorassimo tutti per rendere di nuovo Milano una grande città musicale…

I giovani si fanno catturare dalla musica?

La riflessione sarebbe molto ampia, in sintesi estrema potrei dire che coloro che parteciperanno a questo Festival potranno avere risposte e riflessioni per esperienza diretta… Insegno da anni all’Accademia della Scala, alla Scuola Paolo Grassi e all’Università e credo che ci siano tantissimi ragazzi che amano la musica e che possono essere catturati e stupiti anche da opere che non conoscono. E forse ascoltano con maggiore vicinanza la musica del Novecento e di oggi rispetto al grande repertorio dell’Ottocento.

Milano Musica promuove da anni un progetto, in collaborazione con il Servizio Promozione Culturale del Teatro alla Scala, che coinvolgerà quest’anno circa mille ragazzi delle scuole superiori.

Ci sono due modi per ascoltare musica: conoscerla ed essere competenti, oppure ascoltarla senza conoscerla.

Penso che la forza e la magia di un’opera d’arte possano colpire tutti, anche chi non abbia necessariamente competenze ma sensibilità e profondità di attenzione.

Fausto Romitelli, a cui dedichiamo quest’anno una grande monografia, scriveva «Io difendo l’idea che si debba di nuovo mettere il corpo al centro dell’esperienza musicale. La musica è, innanzi tutto, l’insieme delle reazioni fisiologiche del corpo. Non esiste un ascolto puramente “intellettuale”. Poco importa che la musica sia o non sia comprensibile attraverso un processo di analisi. La musica non deve essere “capita”, deve essere, al contrario, enigmatica».

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