Una mostra, una domanda: “il secolo del bambino” al MoMA
28 settembre 2012
Non è stato soltanto il secolo delle guerre mondiali, delle grandi dittature e dello scontro ideologico. Il Novecento è stato anche il secolo del bambino. Pressoché in ogni angolo del mondo, al servizio delle cause politiche o filosofiche più diverse, centinaia di progettisti sono stati impegnati a ideare e costruire giocattoli, banchi e sedie da scuola, abiti, libri e illustrazioni dedicati ai più piccoli. Dalla Bauhaus all’America di Walt Disney, dall’Italia con i futuristi prima e Bruno Munari poi, al Giappone degli anni Ottanta con i suoi robot da cameretta.
Viste nel loro insieme, queste opere costituiscono un patrimonio straordinario: non soltanto per l’eccezionalità degli artisti e dei designer coinvolti, ma soprattutto perché rappresentano un’impresa collettiva – un’impresa di scoperta – in qualche modo senza precedenti. Soltanto nel secolo passato, ci ricorda la mostra “Century of the Child: Growing by Design, 1900-2000” allestita al MoMA newyorchese fino al 5 novembre, si è infatti affermato quel riconoscimento, oggi indiscutibile, dell’infanzia come fase della vita “a tutti gli effetti”: cruciale per la determinazione dell’identità personale, e dunque degna non soltanto di attenzioni particolari da parte delle famiglia e delle istituzioni didattiche, ma anche di prodotti specifici da parte della società industriale.
La definizione di “secolo del bambino” è in realtà di origini antiche: ne faceva uso la teorica sociale svedese Ellen Key proprio nell’anno 1900, prevedendo l’avvio di un’era in cui la collettività si sarebbe sempre più interessata al benessere e alla felicità dei suoi figli. Quello che Key non poteva presagire erano le pieghe più drammatiche della storia: quando, negli anni Trenta, lo slancio razionalista dei primi educatori (tra cui spicca Maria Montessori) avrebbe lasciato spazio al più bieco indottrinamento (un gioco dell’oca italiano decorato di svastiche, in bella vista lungo il percorso, turba ancora i visitatori del MoMA).
A parte l’inquietante parentesi tra le due guerre, la galleria è godibilissima. Ecco esposto quello che probabilmente è stato il primo monopattino prodotto su scala industriale, negli Stati Uniti di Roosevelt: costava meno di cinque dollari, ma negli anni della Grande Depressione rimaneva comunque inaccessibile a molti. O ancora, le figure dei lavoratori sovietici (il tramviere, lo spazzacamino, l’infermiera) create dalla designer ceca Libuše Niklová negli anni Cinquanta, simbolo della rivoluzionaria transizione dai giochi in legno a quelli in plastica nei paesi del Patto di Varsavia. E poi il vasto catalogo di astronavi e navicelle spaziali in miniatura, riflesso pacifico della corsa allo spazio.
Nonostante la mostra sia divisa in sette sezioni progressive, a restare ancor più impressa è la grande differenza tra i primi sessant’anni del secolo e i decenni finali. Nel primo caso prevale il catalogo di progetti d’architettura, d’arredamento scolastico, di strutture di uso collettivo. Nel secondo caso dominano invece i giochi privati, mentre la vocazione sociale più esplicita è riservata alle numerose campagne di sensibilizzazione per i problemi dei bambini dei paesi del Sud del mondo. Ed è qui che si arriva a una domanda: se l’utopia modernista di un mondo rispettoso dei diritti dell’infanzia si è pressoché realizzata, almeno in Occidente, cosa viene dopo? Il design per l’infanzia del secolo ventunesimo darà forma a un nuovo secolo del bambino? Quali sono le prospettive, oltre al secolo del bambino “cliente”?
Immagini:
Paul (Geert Paul Hendrikus) Schuitema. Nutricia, le lait en poudre (Nutricia, powdered milk). 1927-28. The Museum of Modern Art, New York
Ladislav Sutnar, Build the Town building blocks. 1940–43. The Museum of Modern Art, New York
Omnibot 2000, remote-controlled robot. c. 1985. Manufactured by Tomy (formerly Tomiyama), Katsushika, Tokyo. Space Age Museum/Kleeman Family Collection, Litchfield, Connecticut
Gio Ponti. Glass desk. 1930. Manufactured by Vitrex, Sassuolo. Collection of Maurizio Marzadori, Bologna
Elizawieta Ignatowitsch. The Fight for the Polytechnic Schools is the Fight for the Five-Year Plan, and for a Communist Education of the body politic. 1931. Letterpress, lithograph, 20 1/4 x 28 1/4″ (51.4 x 71.8 cm). The Museum of Modern Art, New York
Teaching materials commissioned by Maria Montessori. 1920s. Wood, dimensions vary. Manufactured by Baroni e Marangon, Gonzaga, Italy (est. 1911). Collection of Maurizio Marzadori, Bologna
Holdrakèta and original box. c. 1960. Tin, box: 24 x 6″ (61 x 15.2 cm). Manufactured by Lemezaru Gyar, Budapest (est. 1950). Collection of Joan Wadleigh Curran, Philadelphia
Detail from Stahlromöbel (Tubular steel furniture), loose-leaf sales catalogue for furniture offered by the Thonet Company, showing Marcel Breuer’s B341/2 chair and B53 table. 1930-31. Published by Thonet International Press Service, Koln. The Museum of Modern Art, New York
Mariska Undi. Design for children’s room. 1903. The Museum of Modern Art, New York