Una mostra, una domanda: alla Tate Britain, i Preraffaelliti

21 settembre 2012

Le grandi mostre hanno una capacità straordinaria: saperci interrogare ben oltre il soggetto che indagano, sollevando domande che vanno a toccare questioni decisive non soltanto per il mondo dell’arte, ma per l’intera società. Da oggi, gli Amici della Scala iniziano un ciclo di articoli dedicati ad alcune tra le più importanti esposizioni internazionali, invitando i lettori a una comune riflessione sulle difficoltà e sulle sfide del presente. Così la mostra “Pre-Raphaelites: Victorian Avant Garde”, inaugurata alla Tate Britain di Londra poche settimane fa (resterà aperta fino al 13 gennaio), non è soltanto un saggio su un movimento artistico a lungo sottovalutato, ma anche un’inchiesta sui rapporti tra tradizione, estetica ed etica.

Le vicende della britannica Confraternita dei Preraffaelliti, fondata nell’anno di fuoco 1848 dai giovanissimi Dante Gabriel Rossetti, William Hunt e John Everett Millais, mettono insieme approcci in apparenza inconciliabili. Innanzitutto, la volontà di creare un’avanguardia che tragga però ispirazione da uno stile antico, vecchio di almeno tre secoli e mezzo. Inoltre, un atteggiamento di critica al presente che faccia leva su strumenti diversissimi tra loro, specie all’occhio dello spettatore contemporaneo. Come potrebbe oggi il languido estetismo di certi ritratti femminili di Rossetti essere paragonabile alla sacra famiglia che Millais collocò con scandaloso realismo nel modesto laboratorio di un fabbro? Eppure, in epoca vittoriana, si trattava di scelte similmente irrispettose: sia della religione (e Dickens spese parole durissime), sia dei dogmi pittorici dettati dalla Royal Academy.

 

La mostra, che mette in scena oltre 180 lavori, non trascura le opere più celebri del gruppo, tra cui ovviamente l’Ofelia di Millais, ma lascia il segno soprattutto quando dedica spazio ai lati meno noti dell’attività dei Preraffaelliti. Così si scopre il ruolo di protagonista di donne come May Morris or Julia Margaret Cameron, e di molte altre artiste o modelle, impegnate a costruire il personaggio di sé in modi non troppo diversi, secondo il co-curatore Jason Rosenfeld, da quanto accadeva nella Factory di Warhol. Ed ecco ancora una collezione di oggetti per la casa, precursori del movimento Arts and Crafts: mobili, tappeti, arazzi, stoffe e carte da parati. Anche qui, inaspettata è la spinta ideologica: non art for art’s sake ma anzi il credo socialista di William Morris e della sua cooperativa di artigiani, che inseguivano l’utopia di una bellezza domestica disponibile per tutti.

Sono molte le domande che riverberano da questa esposizione londinese. Forse la più significativa riguarda l’ambizione, da parte di chi propugna una critica estetica, di restare ancorato a una più ampia messa in discussione dello status quo: è qualcosa di possibile, o risulta invece inevitabile, prima o dopo, per le ragioni più varie, lo sbocco in un’azione autoreferenziale? Le diverse strade intraprese dai protagonisti della confraternita dei Preraffaelliti, nei decenni successivi alla fondazione dell’avanguardia, rappresentano altrettante risposte alternative.

 

Immagini:

Dante Gabriel Rossetti, Lady Lilith 1866-1868 – Delaware Art Museum, Samuel and Mary R. Bancroft Memorial, 1935

John Everett Millais, Isabella 1848-9 – National Museums of Liverpool, Walker Art Gallery

Dante Gabriel Rossetti, The Blue Bower 1865 – The Trustees of the Barber Institute of Fine Arts, University of Birmingham

William Morris’s Bed – Kelmscott Manor Collection. By Permission of the Society of Antiquaries of London

Edward Burne-Jones, Laus Veneris 1873-8 – Laing Art Gallery, Newcastle upon Tyne

William Holman Hunt, Isabella and the Pot of Basil 1866-8, retouched 1886 – Laing Art Gallery, Newcastle upon Tyne

William Holman Hunt, The Lady of Shalott c. 1888-1905 – Wadsworth Atheneum Museum of Art, Hartford, CT. The Ella Gallup Sumner and Mary Catlin Sumner Collection Fund

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