Intervista a Luisa Comencini

16 settembre 2013

La nostra Presidente Anna Crespi ha intervistato Luisa Comencini, segretario generale e responsabile delle relazioni esterne della Fondazione Cineteca Italiana.

Quanti anni ha Lei?
Ne ho compiuti sessanta. Sono avviata verso la terza età!

Ho l’impressione che la Sua famiglia sia come una serie di cerchi concentrici che partono da Luigi Comencini…
Mi sembra un’immagine corretta: Luigi Comencini ha dato l’avvio alla Cineteca. Questa istituzione senza di lui non ci sarebbe stata. Luigi ha avuto l’intuizione di raccogliere e conservare i film quando ancora nessuno ci pensava.
Mio padre, Gianni, aveva cinque anni in meno di Luigi, ed è stato uno dei primissimi a lavorare in Cineteca; con grande passione ha condiviso l’opera di mio zio. Poi Luigi è andato a Roma a girare film; mio padre ha continuato nella sua opera assieme ad Alberto Lattuada e a tutte quelle persone che hanno sentito l’esigenza di occuparsi di cinema con la consapevolezza che un film è un’opera d’arte, e che va quindi conservato come un quadro o un libro: Fernanda Wittgens, Luigi Veronesi…
Ho respirato aria di cinema fin da piccola. Ho quattro cugine, figlie di Luigi; tre si occupano direttamente di cinema: due sono registe e una è scenografa. Io ho iniziato in via Palestro negli anni Settanta, sistemando la biblioteca e l’archivio di cinema. Poi nel 1994 sono entrata a tempo pieno della cineteca, occupandomi della segreteria e dei rapporti con l’estero; nel 1998 sono diventata segretario generale. Mio padre è stato conservatore, poi direttore e infine presidente fino alla sua morte. Ora direttore è Matteo Pavesi, che lavora qui dalla metà degli anni Novanta.

La Cineteca di Milano non è solo un museo, è anche la splendida vetrina di un grande patrimonio. Lei nasce in questo ambiente. Come lo viveva da bambina?
Sentivo mio padre parlare incessantemente di cinema. Da piccola avevo l’impressione che mia mamma fosse un po’ gelosa della Cineteca: nella mia immaginazione la figuravo –più che come mamma – come una signora, come l’amante di mio papà.

Ha assorbito o subìto questa passione?
All’inizio l’ho un po’ subìta, ma poi sono stata conquistata. Andavamo sempre al cinema, io e mio padre; poi frequentavo con lui la cineteca in Palestro; ho anche catalogato le foto dell’archivio. Ricordo le prime comiche di Buster Keaton.

È figlia unica?
Ho una sorella. Le piace molto il cinema, ma non ne ha fatto una professione.

Lei è sposata?
Sono sposata e ho un figlio.

Anche Suo figlio ama il cinema?
Da piccolo lo portavo sempre a vedere i film del cinema muto, gli piaceva l’espressionismo tedesco, come Il Gabinetto del dottor Caligari. Adesso ha ventuno anni e segue i film che facciamo sulla montagna a Trento. Ama la montagna, studia geologia.

Nel cerchio che si irradia dalla Sua famiglia, ciascuno ha il suo percorso. Lei viaggia, è in contatto col mondo…
Io mi sono laureata in Lingue e letterature straniere: conoscere bene l’inglese e il francese mi ha facilitato i contatti con i colleghi all’estero. Ogni anno c’è il congresso delle cineteche che si svolge in tutte le parti del mondo; noi cerchiamo di partecipare sempre, se non ci sono problemi finanziari. Ci piacerebbe molto ospitare un congresso anche a Milano: ci vorrebbe un forte sostegno delle istituzioni. Mio padre aveva organizzato il congresso mondiale delle cineteche a Roma.
Il mio è un lavoro molto interessante perché mi permette di entrare in contatto con le cineteche di tutto il mondo. Ci sono scambi, ad esempio con Barcellona, Vienna, Belgrado. Nel resto d’Europa c’è una diversa attenzione per le cineteche.

In Italia non è così?
La Cineteca italiana ha sempre sofferto per la mancanza di fondi; mio padre e i suoi collaboratori sono riusciti a traghettarla fin qui. Adesso ci sentiamo più visibili, abbiamo l’attenzione delle istituzioni, ma in passato ci sono stati anni in cui mio padre era incerto se continuare o lasciare. Non ci siamo mai legati a partiti politici; abbiamo tenuto sempre una certa indipendenza. La Provincia di Milano ci sta dando un’occasione splendida di visibilità, concedendoci lo Spazio Oberdan e ringrazierò sempre l’assessore Daniela Benelli. Anche la Regione ci ha sostenuto negli anni, collaborando economicamente per i restauri. Adesso si stanno aprendo nuovi spiragli anche con il Comune di Milano. Le istituzioni sono indispensabili per la vita della Cineteca: abbiamo importanti collaborazioni con l’Hangar Bicocca, con il Museo del Novecento, con Brera; abbiamo contatti e progetti con la nostra zona, la Zona 9, e facciamo tante attività con i ragazzi e con il Parco Nord, organizziamo festival…

Sua mamma era un po’ gelosa della cineteca?
Tante preoccupazioni lavorative entravano in famiglia, nei nostri discorsi. Mio papà ci ha sempre raccontato tutto; anche gli incontri splendidi del suo lavoro, come quello con Hitchcock, oppure quello con Buñuel. Abbiamo sempre avuto tutti un rapporto molto coinvolgente con il cinema.

Assomiglia a Suo padre?
Credo di essere meno testarda di lui: mio padre, in una veste garbata e gentile, era deciso. Io sono molto influenzabile, non ho polso, non potrei mai avere ruoli di comando.

La perdita di Suo padre è stata un grande dolore?
Credo che la perdita dei genitori sia un colpo che non si supera mai. Mio padre è stato un grande punto di riferimento per me; eravamo simili, entrambi timidi. Avrei voluto essere più estroversa. Mio padre mi ha fatto entrare in Cineteca con molti problemi e reticenze: mi sono dovuta guadagnare il mio ruolo, non voleva che per me fosse un privilegio a scapito di altri.

L’ha fatta soffrire?
Non particolarmente. Mi piace scavarmi nicchie in cui trovare la mia dimensione. Non amo comparire, mi piace avere piccole mansioni, il lavoro dietro le quinte, dove posso avere un certo margine di manovra.

Nel Suo lavoro emerge la Sua personalità?
Nella Cineteca ho il mio ruolo e quando viaggio la rappresento. Non sono la persona che ha maggiore responsabilità, ma il mio ruolo mi piace. Cerco sempre di migliorarmi.

Le piacciono le lingue?
Ero una fanatica dei Beatles e ho imparato l’inglese ascoltando le loro canzoni e imparandole a memoria. Poi l’ho perfezionato in università.

Lei ama la natura?
Molto. Nella natura sento conforto. Ho bisogno ogni tanto di immergermi in un prato, in un bosco: mi sento felice. Abbiamo una casa in Valtellina e lì riesco a ritrovare me stessa.

È una creativa?
Mi piace scrivere, per esempio articoli, recensioni. Mi piace molto anche il mio lavoro: occuparmi di relazioni esterne.

Quando era bambina, le piaceva andare a scuola, stare con i compagni?
Alle elementari vivevo molto di fantasia, ero timidissima; il mondo del cinema ancora non mi apparteneva. A scuola ero molto brava nello scritto, ma nell’orale, per timidezza, facevo sempre scena muta.

Se non ci fosse stato il cinema cosa avrebbe voluto fare?
Mi sarei occupata di animali: i cani sono la mia passione. Mi sarebbe piaciuto allevare cani in campagna. Se dovessi di colpo smettere di occuparmi di cinema, mi sentirei realizzata nel lavorare la terra, nel prendermi cura degli animali.

Penso che la donna, grazie alle sue intuizioni, possa essere superiore all’uomo.
Sono convinta anche io che sia superiore all’uomo, ha delle marce in più. Le donne spesso hanno ironia ed auto-ironia superiori rispetto agli uomini.

Se dovesse scegliere una nazione in cui vivere quale sarebbe?
Ultimamente trovo molto difficile vivere in Italia. Ci sono paesi più sereni in cui mi piacerebbe trasferirmi; trovo che in Italia ci sia poca solidarietà. Mi attirano i paesi nordici per la loro organizzazione, ma anche i paesi più liberi, come Barcellona, dove c’è più facilità nei contatti umani.

Lei ha molti amici?
Ho molti amici, ma sono pochi quelli che potrei definire “buoni”. I veri amici, quelli “storici”, sono importantissimi per me.

Vedo in Lei una completezza meravigliosa.
Io d’altra parte trovo che Lei sia anche un po’ psicologa.

Cerco di capire gli altri.
In genere gli altri mi considerano chiusa e anche un po’ respingente.

Perché?
Perché non dico tutto di me, non mi piace rivelare tanto.
Fino a una certa età sono stata eccessivamente chiusa in me stessa, come un’ostrica. Ho scoperto che con la maturità, da adulti, si perde questa timidezza: il mondo fa perdere la ritrosia. Io tuttavia faccio ancora fatica a rivelarmi a chi non conosco bene. Può capitare, però, che con gli estranei ci si riesca a rivelare più liberamente, se ci sono affinità.

Lei era timida perché non conosceva bene se stessa?
Ho iniziato con il tempo a conoscere i miei difetti e a prenderli meno sul serio. Ho imparato che l’ironia è l’arma migliore per sopravvivere.
Per evadere mi piace molto giocare con le parole, con gli anagrammi, e mi piace condividere questo svago con altri che hanno la mia stessa passione per l’enigmistica; io leggo una parola e ci vedo nascoste dentro altre parole.

Lei doveva fare la scrittrice!
No, io scrivo solo piccole cose, pensieri. Posso scrivere per me, ma non mi interessa pubblicare.

Perché scappa sempre?
Non so, forse per quella scarsa fiducia in me stessa che con il tempo spero sempre di acquisire.

Con il dolore io ho scoperto l’essenzialità.
Lei ha la capacità di andare al nocciolo delle persone e delle cose.

È importante lasciare andare tutte le zavorre.
Io mi sento molto meglio rispetto a quando ero più giovane. Ho bisogno di avere certezze. Per un certo periodo mi ha attratto lo yoga, la filosofia buddista; le ho praticate senza aderirvi completamente. Sono ipercritica: mi sento attratta dalle cose, ma poi inizio a dubitare di me stessa, ma anche di tutto quello che mi circonda. Non mi “butto” abbastanza.

Lei crede che dovrebbe “buttarsi” più di quanto non faccia nella realtà?
Bella domanda. Non lo so! Forse. Ho ancora zavorre, ma nella natura riesco a trovare sempre una grande forza di rigenerazione.

Ho sùbito provato un’enorme simpatia per Lei. Ha un viso estremamente intelligente, molto forte e razionale; ha per questo lasciato un po’ da parte le Sua femminilità?
Io mi riconosco dei limiti.

Non mi pare che lei abbia limiti…
L’intelligenza di una persona si rivela in tanti modi; ma io non riesco ad affrontare tutti i problemi.
Bisogna aver fiducia fino in fondo in se stessi. Il buddismo, ad esempio, predica il distacco, ma io non riesco ad accettarlo, non mi piace lasciare andare le persone e le cose.

Ma Lei è una persona fantastica!
Sono come mio papà: non amo parlare in pubblico, mostrarmi. Mi piace essere nascosta come una primula in un prato. Ma devo dire che sono molto onorata per questa intervista. Non sono abituata a ricevere attenzioni rivolte alla mia persona…

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