“Il mio Nabucco”. La magia delle prove, nelle parole di Anna Crespi
5 febbraio 2013
Sono state recentemente pubblicate dal Radiocorriere TV, settimanale consultabile nel sito ufficiale dell’Ufficio Stampa RAI, le impressioni di Anna Crespi raccolte in occasione della prova della celebre aria “Và pensiero”.
Il mio Nabucco
di Anna Crespi
Il teatro è buio e vuoto. Sul palcoscenico gli operai lavorano agli ultimi ritocchi. Sono vestiti di nero; in jeans e maglietta, ma di quell’unico colore. Ecco, un ulteriore ritocco, e il palcoscenico è perfetto per la prova. Gli operai escono. Nel golfo mistico dell’orchestra, gli spartiti sono disposti su ogni leggio: fascicoli tutti uguali, con la medesima rilegatura di colore rosso. Sono sola, chiusa nell’oscurità del palco e registro le mie emozioni. Si attende il coro del Nabucco. Nonostante le due grandi luci che illuminano dall’alto il palcoscenico, la sala re-sta immersa in un buio profondo. Avverto dei rumori. Ecco gli artisti, in abiti informali. Distinguo le loro voci. Il regista collaboratore è una donna minuta, energica; ha un foglio in mano e segnala le posizioni in scena. Cessano i rumori del chiacchiericcio. Il silenzio è appena venato dai sussurri dei maestri delle luci.
Mi tornano alla mente, nell’attesa, le regie di una volta, e le scenografie, grandi e splendidi fondali dipinti, i grandi Benois, Alexandre e Nicola, padre e figlio. Gli Amici della Scala gli hanno dedicato una mostra, in doppia sede: Scala – Brera. Ricordo il curioso passeggio da una sede all’altra, e via Verdi “trafficata” dai visitatori. Ripenso al 7 dicembre del 1966, al Nabucco con scene e costumi proprio di Nicola Benois, alla bacchetta Gianandrea Gavazzeni.
Ecco il maestro che collabora alla direzione dell’orchestra. Non vedo i musicisti, ma inizio a sentire la musica. I maestri delle luci al centro della sala non alzano mai lo sguardo dagli spartiti, o commentano sottovoce tra loro. Dalla scaletta, che fa da ponte sulla sinistra del palcoscenico, scende velocemente il direttore delle luci. Sono iniziate le prove di scena. Tutti gli artisti si avvicinano. Prendono posizione in base al ruolo. In prima fila tre bambini: sono abbracciati con dolorosa tenerezza da tre donne del coro. Entra Bruno Casoni, il grande direttore del coro. Le mani dietro la schiena, ascolta senza dirigere. Mi giunge il magnifico canto e suono del coro del Nabucco: Va’ pensiero sull’ali dorate… Ascolto e sono oltre il teatro, sono musica, fuori dal tempo e dallo spazio. Al termine si leva un applauso solitario: è il consenso per l’acustica di un tecnico seduto appositamente in platea.
Il palcoscenico si svuota in silenzio. Si accendono le luci del teatro. Entrano due uomini delle pulizie. Agiscono con competenza. Mi sorprendo a pensare che persino il loro lavoro è in armonia con l’evento al quale ho assistito. Un tempo i protagonisti erano la musica e i cantanti. Ma la regia ha avuto un ruolo sempre crescente, fino ad oggi, diventata co-protagonista. Ripenso a Visconti, il primo a portare uno specchio in scena; ai grandi scenografi, ai vari passaggi storici quando prendeva forma l’astrazione tra regia e musica, fino a diventare una perfetta miscela. Un assaggio di ciò che sarebbe diventata: un grande spettacolo nello spettacolo lirico, determinando con esattezza una sintonia perfetta, in termini di tempo e di movimento, tra palcoscenico, luci, musica e ambiente. “Tutto si fonde in un unico incanto”, pensavo, lasciando il mio palco.