Alla National Gallery, una storia della fotografia “sedotta dall’arte”

13 novembre 2012

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In origine fu la fotografia a imitare la pittura. Per trovare un linguaggio che fosse autenticamente suo, la neonata tecnica non poteva che rivolgersi all’esperienza secolare di tele e dipinti. Ma quando la nuova disciplina raggiunse una sua maturità, fu l’arte più vecchia che iniziò a cercare ispirazione. In realtà, per quanto dal Secondo dopoguerra in poi la fotografia abbia guadagnato sempre più spazio a discapito della pittura, nei musei e non solo, il rapporto è sempre rimasto di reciproca influenza. È questa la chiave di lettura proposta da Seduced by Art: Photography Past and Present, alla National Gallery di Londra fino al 20 gennaio 2013.

In che modo, agli albori della fotografia, era considerata e “copiata” l’arte, sia d’epoca che più antica? E quali lezioni o influenza i fotografi odierni ricavano dalle stesse opere pittoriche dei “Grandi Maestri” del diciottesimo o diciannovesimo secolo? Per rispondere, la National Gallery propone un affiancamento tra i dipinti della sua collezione permanente e un gruppo di circa novanta fotografie, prese in prestito da varie istituzioni culturali europee.

 

Il risultato sono accostamenti puntuali ma anche spesso arditi. Nella sezione dedicata ai primordi si incontrano sperimentatori come Julia Margaret Cameron, Gustave Le Gray e Oscar Gustave Rejlander, decisi a usare qualunque mezzo a disposizione al tempo (compresi montaggi e manipolazioni) per far risultare il prodotto fotografico identico alle creazioni dell’arte “alta”. Si passa poi alla serie dei contemporanei. Tra i nomi di Richard Billingham, Richard Learoyd e Martin Parr accoppiati a dipinti di Constable, Ingres e Gainsborough, a brillare per originalità e complessità sono due autori nati entrambi negli anni Sessanta.

Il primo è il fotogiornalista francese Luc Delahaye. Il suo “US Bombing on Taliban Positions” è privo della violenta spettacolarità di altri scatti in arrivo dai campi di guerra dal Medio e Vicino Oriente, ma al contempo, in quel paesaggio senza uomini in vista, riesce a evocare le dimensioni di feroce istantaneità e astrattezza delle azioni militari del ventunesimo secolo. Proprio per queste ragioni può aspirare a una classicità che lo avvicina alla “Battaglia di Jemappes” dipinta da Vernet nel 1821. Delahaye porta in mostra anche il caravaggesco “132nd Ordinary Meeting of the Conference”.

Il secondo è l’israeliano Ori Gersht, che con “Blow up” stravolge la rappresentazione della natura morta, piazzando minuscole cariche di esplosivo sui fiori disposti in un vaso. Al momento della detonazione, una macchina digitale ad alta velocità cristallizza la scena, qui appaiata al pacifico “The Rosy Wealth of June” (1886) di Fantin-Latour.

Impegnativa e contraddittoria, duramente criticata da più parti, Seduced by art si farà ricordare come un’indagine intelligente e mirata – per sua stessa ammissione, dunque, parziale – su una relazione cruciale per la storia dell’espressione visiva.

Crediti fotografici:

Luc Delahaye, 132nd Ordinary Meeting of the Conference, 2004
Wilson Centre for Photography
Courtesy Luc Delahaye and Galerie Nathalie Obadia

James Anderson, The Laocoön Group, about 1855–65
Wilson Centre for Photography Wilson Centre for Photography

John Constable, The Cornfield, 1826
© The National Gallery, London

Richard Billingham, Hedgerow (New Forest), 2003
Southampton City Art Gallery (11/2004)
© The Artist, courtesy of the Anthony Reynolds Gallery London

Thomas Gainsborough, Mr and Mrs Andrews, about 1750
© The National Gallery, London

Martin Parr, Signs of the Times, England, 1991
© Martin Parr / Magnum Photos

Ignace-Henri-Théodore Fantin-Latour, The Rosy Wealth of June, 1886
© The National Gallery, London

Ori Gersht, Blow-Up: Untitled 5, 2007
© Courtesy of the Artist and Mummery + Schnelle, London

Julia Margaret Cameron, Kate Keown, about 1866, Gregg Wilson, Wilson Centre for Photography

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